Mielofibrosi e Anemia: una nuova terapia all’orizzonte

L’importanza della ricerca scientifica nel mondo medico è fondamentale; è attraverso questo processo incessante di studio ed analisi che si apre la strada a nuove possibilità di trattamento e, in molti casi, si cambiano e si salvano vite. Recentemente, è stata presentata una nuova prospettiva terapeutica nel trattamento della mielofibrosi, una rara forma di tumore che colpisce il midollo osseo.

Uno studio internazionale multicentrico, che ha visto la partecipazione del Policlinico di Milano, ha evidenziato l’efficacia di un nuovo farmaco, il Momelotinib, nel trattamento dei pazienti affetti da mielofibrosi. Questo risultato è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet.

La mielofibrosi è un tumore caratterizzato da fibrosi del midollo osseo. Spesso, si accompagna a sintomi come anemia e ingrossamento della milza. La sua incidenza è relativamente bassa, con 0,5-1,3 casi ogni 100.000 persone, soprattutto nella fascia d’età oltre i 60 anni, motivo per cui è classificato come un tumore raro. I sintomi possono variare dalla totale assenza nelle fasi iniziali, alla comparsa di disagi addominali e problemi circolatori man mano che la malattia progredisce. Quando la fase fibrotica, ovvero la produzione eccessiva di fibre di collagene nel midollo osseo, diventa predominante, i sintomi possono acutizzarsi, includendo febbre, perdita di peso e dolori ossei.

Nonostante le cause della mielofibrosi non siano ancora del tutto comprese, si è osservato che oltre metà dei 200 pazienti coinvolti nello studio ha presentato una mutazione nel gene JAK2, che gioca un ruolo chiave nella regolazione della produzione delle cellule del sangue. Sebbene le terapie attuali che si concentrano su questa mutazione abbiano avuto un impatto positivo sui sintomi, in alcuni casi hanno peggiorato l’anemia.

Il nuovo farmaco Momelotinib, benché non ancora disponibile sul mercato, promette di intervenire efficacemente su questi aspetti. Agendo sulla produzione di globuli rossi e sulla disponibilità del ferro nel flusso sanguigno, si prevede che possa offrire una risposta terapeutica migliore ai sintomi dei pazienti affetti da mielofibrosi.